L’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna. Essere donna, ancora oggi in alcune parti del mondo, significa non essere considerate persone, bensì oggetti ad uso e consumo, essere sfruttate, abusate, senza diritti e dignità. Fa scalpore e notizia che in Arabia Saudita le donne possano guidare una automobile. Terzo millennio.
Nei paesi cosiddetti occidentali e democratici, seppur la donna sia riuscita ad ottenere diritti alla pari degli uomini, come il diritto di votare, diritto al lavoro, proprio in questo ultimo ambito, essere donna significa non vedersi sempre riconosciuti i propri diritti e avere scarsa prospettiva di avere una carriera professionale.
Le donne guadagnano meno degli uomini. Decisamente meno: la legge è uguale per tutti, i contratti pure, ma nel corso della loro vita lavorativa le carriere, le interruzioni, le scelte fatte o subite fanno sì che questa parità sia solo apparente. Il rapporto Eurostat per l’anno 2020, conferma in modo impietoso il gap di carriera e retribuzione partendo dal numero di ore lavorate e sulla retribuzione mensile lorda. In Italia la differenza in busta paga fra uomo e donna è del 29,6 % contro una media europea del 23%. Questa condizione si chiama ‘gender pay gap’.
L’8 marzo deve significare una festa e non una ricorrenza per far parlare un giorno e solo per un giorno, delle condizioni delle donne.
UILM LARIO- Lecco, Como, Sondrio